Prevenire è meglio che curare. Questo semplice adagio, molto abusato, soprattutto quando ci si riferisce a malesseri fisici oppure a possibili disagi economici, è molto valido quando la malattia o comunque i problemi riguardano la salute della nostra mente, il nostro benessere psico-fisico. Ansie e paure, anche legate al cattivo andamento dell’economia, al lavoro che si perde o che potrebbe essere pregiudicato dalla chiusura dell’azienda, ai clienti che non pagano, quando si è imprenditori, possono arrecare piccole e grandi ammaccature alla nostra mente. La crisi, così, dall’economia entra nel sociale, nelle famiglie, nella vita di noi tutti. Tutto questo può generale o accentuare un generale disagio psichico che se non compreso e curato per tempo può anche sfociare in episodi drammatici di cui le cronache del 2012 sono state particolarmente dense. Da queste riflessioni è partito il sostegno della CNA Torino alla settimana del benessere psicologico, Bee You, organizzata dall’Ordine degli psicologi del Piemonte che si è svolta dal 12 al 17 novembre scorsi e che ha visto proprio la CNA protagonista di uno degli appuntamento, nella sede direzionale di via Millio 26, in collaborazione con l’associazione Punto Psiche di Torino, presieduta dalla psicoterapeuta Stefania Soliman. Due gli interventi che si sono succeduti nella serata del 16 novembre, nel Salone Carbotta: “Non più solo Freud sulla poltrona. Il ruolo dello psicologo oggi” a cura della dottoressa Livia Emma Ligorio e “L’aiuto psicologico durante il ciclo di vita della famiglia” a cura della dottoressa Manuela Mazza. Le due psicologhe, tra le fondatrici di Punto Psiche, hanno cercato di sdrammatizzare la figura del terapeuta, quella per intenderci un po’ stereotipata dei film di Woody Allen. “Lo psicologo spesso fa paura” ha detto Livia Ligorio, “è visto come qualcuno che ci legge nel pensiero, ci analizza”. E ancora. “Non di rado sentiamo, da professionisti, frasi del tipo: sono mica matto per andare dallo psicologo”. Le cose, in realtà stanno diversamente. Intanto, esistono molte figure di psicologo che fanno già parte della nostra vista senza che ci abbiamo fatto troppo caso: c’è lo psicologo scolastico che si occupa del disagio infantile o adolescenziale, c’è lo psicologo nelle aziende che si occupa della selezione del personale, c’è lo psicologo nei tribunali che svolge le funzioni del perito consulente del giudice e c’è persino lo psicologo nelle scuole guida che analizza i comportamenti al volante dei giovani patentati. Lo psicologo deve perciò essere visto, come ha precisato Ligorio, “come un professionista che accompagna la persona nei momenti di difficoltà della vita”. E poi lo psicologo deve essere percepito come un professionista diverso dallo psichiatra. E su questo c’è ancora molta confusione. Lo psichiatra ha una laurea in medicina, lavora spesso in ospedale, può intervenire per trattamenti sanitari obbligatori e comunque utlilizza prettamente la psicofarmacologia per lenire il loro disagio. Lo psicologo può talvolta affiancare il lavoro dello psichiatra ma non somministra medicinali e non è un medico; ha una laurea quinquiennaleed è un esperto in diagnosi delle problematiche psicologiche che possono insorgere nel corso della vita delle persone; è in grado di fare interventi precisi e di breve durata, lavora per il benessere e l’equilibrio psicofisico. Lo psicoterapeuta, infine, è uno psicologo con una specializzazione di ulteriori 4 anni con un orientamento tecnico-terapeutico (Junghiano, Freudiano, etc ma esistono oltre 120 scuole in Italia). Non di rado queste tre figure lavorano in equipe per curare lo stesso paziente. Quando è opportuno rivolgersi a uno psicologo? Quando sopraggiunge un momento di crisi nella propria vita: i momenti più critici sono quelli "di passaggio" delle cosiddette fasi dello sviluppo della persona, ovvero l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, l’invecchiamento. L’instabilità psicologica può però essere scatenata anche da problemi esterni come, per esempio, quelli di tipo economico, derivanti dalla perdita del lavoro, etc. Esiste una crisi per così dire “positiva”, fisiologica, che ci aiuta a superare un nuovo stadio della nostra vita. Ed esiste invece una crisi “negativa”, patologica, che compromette l’equilibrio della persona e può manifestarsi con attacchi di panico, stress, fasi di confusione generalizzata, nervosismo eccessivo e prolungato nel tempo, etc. Tutto questo, come ha spiegato la dottoressa Mazza, non riguarda solo il singolo individuo, ma anche i contesti sociali in cui è calato, iniziando dalla famiglia e dalla coppia. Nel corso del tempo le persone cambiano da un punto di vista fisico ed emotivo e questo cambia le relazioni all’interno della famiglia. Ma anche i cambiamenti sociali esterni alla famiglia, come per esempio la crisi economica che stiamo vivendo tutti, impattano sulla famiglia e sulla vita di coppia. “La riorganizzazione della famiglia di fronte al cambiamento è complessa e talvolta traumatica” ha spiegato Mazza. Capita, allora, che la famiglia non riesce a trovare al proprio interno le risorse per superare questi eventi critici, oppure il problema viene superato solo in parte e cominciano presto a comparire segnali di disagio, di malessere più o meno gravi. A questo punto, serve l’aiuto dello psicologo. Situazioni di disagio prolungato possono, infatti, condurre anche alla “rottura” della famiglia o della coppia e degenerare, persino, nei casi più gravi in episodi di violenza domestica di varia entità. Ecco, dunque, che prevenire è meglio che curare. A cura di Alessio Stefanoni Info: [email protected]
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September 2013
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